Che cosa possiamo fare per la pace?

NOVA GORICA – MARCIA DELLA PACE: 31 dicembre 2023
Omelia dell’Arcivescovo Carlo nella concattedrale di Nova Gorica al termine della 56^ Marcia nazionale della Pace

Il percorso che ci ha portato a celebrare l’Eucaristia in questa chiesa ha voluto quasi riassumere e raccogliere in un tragico abbraccio le esperienze di guerra e di violenza che hanno contrassegnato questa terra di confine.

Siamo partiti dal sacrario di Oslavia, con circa 57.000 giovani morti durante la prima guerra mondiale; abbiamo oltrepassato l’Isonzo, fiume insanguinato da migliaia di uccisi da ambo le parti nel conflitto di più di 100 anni fa (sembra lontano, ma negli incendi dell’estate del 2022 sul Carso, ogni tanto si sentivano esplodere i residuati bellici di quella guerra); siamo poi giunti al Convitto salesiano per minori stranieri, spesso scappati lungo la rotta balcanica da situazioni di guerra e di violenza; nella piazza Vittoria (nome che fa riferimento sempre alla prima guerra mondiale; una volta più pacificamente chiamata “Piazza grande” e in sloveno tuttora “Travnik”, prato) ci siamo fermati a riflettere sul tema che papa Francesco ci ha indicato per quest’anno: “Intelligenza artificiale e pace”, ben sapendo che già ora e, purtroppo, in futuro quella nuova tecnologia è usata e sarà usata per la guerra; la sosta silenziosa davanti alla sinagoga a 80 anni dalla deportazione di tutta la comunità ebraica di Gorizia nei campi di sterminio, ci ha fatto riflettere sulla shoah e su tutti i genocidi che tuttora umiliano, feriscono, distruggono interi popoli; infine abbiamo ascoltato qui drammatiche testimonianze degli attuali conflitti in Ucraina, Palestina e Israele, qui in questa chiesa nei cui sotterranei è stato costruito un rifugio antiatomico, tuttora perfettamente funzionante.

La nostra riflessione, la nostra preghiera sono andate al di là di questo territorio almeno nel nostro pensiero, a tante altre guerre e situazioni di conflitto che non abbiamo esplicitamente ricordato, ma che in qualche modo abbiamo voluto raccogliere in quel tragico abbraccio che citavo all’inizio.

Quali sono le cause di tutto ciò, di tutte queste guerre, di tutte queste violenze? Le risposte sono molteplici, lo sappiamo: potere, soldi, armi, ingiustizie, sopraffazioni, eccetera. Ma alla radice di tutto c’è quel dogma di fede, che – se permettete una confidenza – è quello che faccio meno fatica a credere: il peccato originale. Mi pare così evidente e così poco originale, perché ripetuto all’infinito da Caino in poi, che appunto non richiede neppure un minimo atto di fede.

Che cos’è il peccato nella sua espressione più radicale? Direi semplicemente l’amore capovolto. Mi spiego: Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza, Lui è amore. Ci ha creati per essere amati e amare. L’amore ha una caratteristica fuori norma e affascinante: è gratuito. Se amo per qualcosa, non amo davvero, ma uso del presunto amore in termini strumentali ed egoistici. Scriveva san Bernardo nel suo commento al Cantico dei Cantici: «Amo perché amo, amo per amare».

L’amore richiede un’altra caratteristica che ci fa essa pure simili a Dio: la libertà. Non si può amare perché obbligati, non si può costringere qualcuno ad amare o ad accogliere l’amore (e i femminicidi e anche i delitti che talvolta riguardano anche i maschi – piccole, ma non meno tragiche guerre dentro le famiglie -, nascono spesso dal non accettare la libertà dell’altro). La libertà, però, offre la tremenda possibilità non solo di rifiutare l’amore, ma di capovolgerlo in odio. L’odio ha la stessa caratteristica dell’amore, cioè la gratuità. Perché odio qualcuno, perché mi accanisco contro di lui, di lei senza motivo o comunque al di là di ogni ragione comprensibile anche se aberrante? Perché se ho deciso di uccidere qualcuno, devo farlo anche soffrire? Non basta eliminare un nemico, ma devo umiliarlo, torturarlo, ferirlo… Che cosa ci guadagno? Ecco al di sotto di ogni guerra, di ogni violenza c’è un uso della libertà per odiare, c’è una gratuità per il male, c’è un amore capovolto.

Siamo nel tempo di Natale, con i pastori anche noi in questi giorni siamo andati a vedere e contemplare il Bambino adagiato nella mangiatoia. Quel Bambino è venuto al mondo per “ricapovolgere” le cose. Non è venuto però per toglierci la libertà. Qualche volta penso come sarebbe bello un mondo dove non fossimo liberi di scegliere e di fare il male, dove fossimo obbligati al bene. Ma sarebbe un mondo di automi, magari perfettamente intelligenti, ma non di persone, non di uomini e donne con un cuore capace di amare. No, il Figlio di Dio non ci toglie la libertà, rispetta l’uso tragico della nostra libertà, anzi Lui stesso sulla croce è stato vittima dell’odio. Perché Gesù è stato ucciso? In occasione del venerdì santo escono spesso articoli che cercano di spiegare le motivazioni della passione di Gesù: dava fastidio ai potenti, era sentito una minaccia per i romani, era invidiato dai capi, ecc. Forse, ma la vera spiegazione è solo l’odio gratuito verso di Lui.

Lui si lascia crocifiggere dal nostro odio, ma lo svuota dal di dentro, trasforma il massimo delitto che l’umanità può compiere – uccidere il Figlio di Dio – nel massimo dell’amore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici» (Gv 15,13-14), così ha affermato Gesù nell’ultima cena. E san Paolo commenterà nella lettera ai Romani: «nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,6-8).

La morte di Gesù ci ha liberato dalla schiavitù dell’odio (perché se è vero che chi odia mette in gioco male la propria libertà, è anche vero che poi diventa schiavo del suo stesso odio). Gesù ci ha fatto tornare pienamente figli, perché i figli sono liberi. L’abbiamo ascoltato nella seconda lettura: «nisi več suženj, ampak sin» “non più schiavo, ma figlio”.

Che cosa allora possiamo fare per la pace? Può sembrare una risposta fin troppo semplice: amare. Amare gratuitamente, amare mettendo in gioco la nostra libertà. Comportarci da figli, figli liberi che amano perché sono fratelli e sorelle e tutti amati da Dio.

Come si fa ad amare? Forse vi siete accorti che all’inizio di questa riflessione, ricordando l’itinerario che abbiamo percorso, ho saltato una tappa: l’attraversamento del confine in piazza Transalpina o per dirla alla slovena “Trg Europe”. La cosa era voluta. Perché ecco, per esempio, come fare ad amare: attraversando i confini. Tutti i confini, a cominciare da quelli che abbiamo nel cuore e nella testa. Farli diventare punti di incontro e di riconciliazione come quella piazza. Sapendo di essere guardati dal volto luminoso di Dio, avvolti dalla sua benedizione che non verrà meno nel nuovo anno che stanotte inizia.

Foto: Mattia Vecchi