dal sito Voce Isontina
Immagine: Voce Isontina
Venerdì scorso, 14 giugno 2024, la basilica di Aquileia ha accolto il “Concerto della pace” che ha visto protagonista l’orchestra giovanile “Luigi Cherubini” diretta dal maestro Riccardo Muti.
All’inizio della serata ha portato il suo saluto l’arcivescovo Carlo che ha proposto anche una riflessione sul significato del connubio fra pace e musica.
È un grande dono per noi accogliere in questa splendida basilica un evento così significativo ed eccezionale. Lo dico come Arcivescovo di una diocesi figlia di Aquileia che ha il grande dono e il compito di custodire e valorizzare un patrimonio religioso e artistico che è di tutta l’umanità.
Un grazie sincero agli enti, che hanno a cuore questa basilica e l’intero complesso storico-archeologico di Aquileia, e che stasera ci offrono la possibilità di ascoltare il Maestro Riccardo Muti con l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini in un concerto dedicato alla pace.
Pace e musica.
Verrebbe da dire un connubio ovvio. E in parte lo è, come in genere la relazione arte e pace.
Dobbiamo però essere sinceri e riconoscere che spesso nella storia la musica e l’arte nel suo insieme non sono state a servizio della pace ma della guerra, si sono fatte schiave del regime del momento, si sono lasciate condizionare dalle ideologie dominanti, si sono prestate a diffondere e amplificare sentimenti di contrapposizione, di rivalsa, di odio.
Non c’è da meravigliarsi: ogni realtà umana è non dico ambigua, ma ambivalente. Dipende… Dipende da che cosa? Dall’intenzione con cui la si concepisce, la si considera, la si usa.
Tutto può essere usato per la pace, come tutto può essere usato per la guerra.
L’intenzione certamente è ciò che conta, ma ancora più profondamente è decisivo quanto c’è nell’interiorità della persona, ossia gli ideali, le memorie, i valori, ma anche le passioni, le sensazioni, le emozioni, i sogni.
Ci viene chiesta, quindi, una grande vigilanza su noi stessi, se vogliamo essere quelli che il Vangelo chiama “operatori di pace” e definisce beati perché “figli di Dio”.
Una vigilanza che non si limita alla persona, ma deve estendersi alle realtà sociali in cui siamo inseriti.
Anche i gruppi, i paesi, le culture, le nazioni hanno un’anima, hanno ideali, memorie, valori, passioni, emozioni.
Ed è facile che chi vuole la guerra o comunque la accetta come mezzo per raggiungere i propri scopi, giochi con le emozioni, i ricordi, le sensazioni della gente facendo crescere nel cuore di un gruppo, di un paese, di una cultura, di una nazione pregiudizi, sentimenti negativi, propositi di odio e di sopraffazione.
Oggi, ancor più che nel passato, tutto ciò è diventato molto facile grazie ai potenti mezzi di comunicazione sociale, a internet, ai social, all’intelligenza artificiale (ne ha parlato questo pomeriggio papa Francesco al G7) ed è molto pericoloso.
Perché è dal cuore delle persone e delle nazioni che nasce la guerra.
Il Vangelo di Matteo riporta a questo proposito un passo significativo.
Gesù discute con i discepoli su ciò che rende puro o impuro l’uomo. I suoi discepoli condividevano la cultura religiosa di allora che riteneva decisivo ciò che si mangiava, ciò che si toccava, ciò con cui si veniva in contatto all’esterno.
Tutto sommato una visione comoda circa il male: se il male è fuori di noi, basta seguire una serie di pratiche di purificazione, come il lavarsi le mani (non per igiene, ma per essere puri) o altre attività di questo genere, per tenere il male lontano da noi.
Gesù però non è d’accordo e dice con chiarezza che il male non viene da fuori, ma da dentro e fa persino un elenco impressionante di ciò che può uscire dall’interiorità della persona: “Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie”.
E aggiunge: “Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l’uomo” (Matteo 15,19-20).
Dicevo all’inizio che non è detto che la musica si relazioni immediatamente con la pace. Resta però vero che un momento di arte pura e sublime come quello che stiamo per vivere, grazie appunto alla musica, ci può aiutare a rientrare in noi stessi, a penetrare nel profondo della verità della nostra persona.
Penso sia esperienza di tutti quella di sentirci nella vita quotidiana presi da mille impegni; stimolati da suoni, messaggi, emozioni di ogni tipo; annegati da parole e da immagini; sempre in affanno e sempre fuori da noi stessi.
Stasera, grazie all’incanto della musica nella bellezza di questo luogo, ci viene donata la possibilità di scendere nel profondo di noi stessi e, se lo vogliamo, di verificare ciò che ci emoziona, ciò che ci appassiona, ciò che realmente ci sta a cuore, ciò che ci spinge ad agire.
E sono certo che in quella profondità ognuno di noi può trovare quel desiderio e quella speranza di pace, che ci hanno condotto fin qui.
Quel desiderio e quella speranza che l’evento di stasera rafforzerà affinché possano diventare nella nostra vita quotidiana e con le nostre responsabilità propositi e azioni di pace. Lo auguro di cuore a tutte e a tutti.
Buon ascolto e buon impegno per la pace.