Domenica 13 aprile 2025 l’arcivescovo Carlo ha presieduto il rito della benedizione dell’Ulivo e la liturgia eucaristica nella Domenica delle Palme nella chiesa di S. Ignazio.
Sapete che cosa faceva Gesù mentre veniva battezzato da Giovanni nel fiume Giordano?
Vi leggo alcuni versetti del cap. 3 del Vangelo di Luca: «Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”» (Lc 3, 21-22). Ecco che cosa faceva Gesù: pregava. Possiamo immaginare una preghiera rivolta al Padre che gli risponde.
E come muore Gesù? Lo abbiamo appena ascoltato: pregando. In questo caso conosciamo la sua preghiera, sempre rivolta al Padre: «Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò» (Lc 23,46).
Una caratteristica propria del Vangelo di Luca è la sottolineatura della preghiera di Gesùdall’inizio della sua missione – il Battesimo – alla sua morte in croce. L’evangelista ricorda più di dieci volte nel corso del suo racconto che Gesù è in preghiera. Vorrei pertanto invitarvi a una rilettura della passione facendo proprio attenzione alla preghiera di Gesù, ma anche a quella di altri attorno a Lui.
Quando si accenna alla preghiera di Gesù nella passione secondo Luca? La prima volta può sfuggire, ma è importante. Si tratta non di un momento di preghiera, ma dell’affermazione di Gesù che attesta di aver pregato. Verso chi ha rivolto la sua preghiera? Vedremo subito che in questo caso l’evangelista non lo esplicita, ma ovviamente Gesù non può che pregare il Padre. Per chi prega Gesù? Vi leggo il passo del Vangelo. Siamo nell’ultima cena e Gesù annuncia il prossimo rinnegamento di Pietro. Ma ascoltiamo quello che dice: «Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32). Gesù prega per Pietro, anzi Simone, chiamando quindi l’apostolo con il nome che aveva prima che diventasse discepolo. Notate: non prega perché non rinneghi, ma perché non venga meno la sua fede e perché, dopo essersi convertito, quella fede, sottoposta alla prova e perciò rafforzata, dia al primo degli apostoli la possibilità di confermare gli altri.
Un secondo contesto dove l’evangelista insiste molto sulla preghiera è quello del monte degli ulivi. La scena si apre con l’invito che Gesù fa ai discepoli di pregare e si chiude sullo stesso invito ripetuto, visto che il primo è stato inefficace: i discepoli si sono addormentati (tutti i discepoli, perché Luca non cita la triade Pietro, Giacomo e Giovanni come Matteo e Marco). Perché è così importante la preghiera secondo Gesù? «Pregate, per non entrare in tentazione» (Lc 22,40)dice, e dopo: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione». La preghiera per non cadere in tentazione. La tentazione in quel caso era quella di abbandonare Gesù stesso lasciandolo solo nella passione e riguarda tutti e non solo Pietro (a lui Gesù non dice “satana ti ha cercato…”, ma “satana vi ha cercato…”). Viene in mente la domanda finale del Padre nostro nella versione di Luca: «non abbandonarci alla tentazione». Una preghiera che tutti i cristiani devono fare ogni giorno, perché la tentazione, in particolare quella di staccarsi dal Signore, è sempre un pericolo reale per tutti.
In mezzo all’invito insistente di Gesù sulla necessità di pregare, si trova la sua preghierapersonale: «cadde in ginocchio e pregava dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”» (Lc 22, 41-42). Una preghiera con un fortissimo coinvolgimento emotivo, che porta a una eccezionale manifestazione psicosomatica: «entrato nella lotta pregava, più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra»(Lc 22,44). La preghiera, se vera, non può coinvolgere che la totalità della persona.
La preghiera di Gesù ritorna poi al momento della crocifissione. Non più una preghiera drammatica come durante l’agonia al monte degli ulivi, ma una preghiera piena di misericordia e di comprensione: «Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”» (Lc 23,33-34). Gesù prega il Padre, ma non per sé. Secondo l’evangelista Luca non dice al Padre “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, come risulta dal Vangelo di Matteo e da quello di Marco, non si preoccupa di se stesso, ma pronuncia parole di scusa per chi lo sta inchiodando sulla croce: “Padre, vedi, non sanno bene quello che fanno, come possono peccare se neppure se ne accorgono di farlo: perdonali!”.
Sempre nelle ore che precedono la morte, l’evangelista ricorda una preghiera rivolta a Gesù. Si tratta di quella del cosiddetto buon ladrone: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23,42). Una preghiera nel momento drammatico della morte e di quel tipo di morte. Una preghiera di affidamento a Gesù molto simile a quella che lo stesso Gesù poco dopo morendorivolgerà al Padre: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Gesù si consegna al Padre, il malfattore a Gesù. E Gesù sa di entrare in paradiso, nel Regno del Padre, e di poter portare con sé quell’uomo che si è affidato a Lui.
Questi sono i passaggi della passione che oggi è stata proclamata, che costituiscono per noi come una scuola di preghiera. Il Maestro è Gesù. Tra l’altro, sempre secondo il Vangelo di Luca, è proprio dal vederlo pregare che nasce nei discepoli la richiesta di apprendere da Lui come pregare: «Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. Ed egli disse loro: “Quando pregate, dite…”» (Lc 11,1-2) e insegna loro il Padre nostro.
Che cosa possiamo imparare da questi passi sulla preghiera presenti nella passione secondo Luca, passi che vi invito a riprendere con calma nei prossimi giorni? Anzitutto che Gesù prega il Padre per noi, per me, come ha pregato per Pietro e per i suoi crocifissori. Questo è molto consolante. Una preghiera, la sua, che rispetta la nostra libertà anche nelle sue scelte sbagliate (non prega affinché Pietro non lo rinneghi, né affinché i soldati non lo crocifiggano), ma che vuole che il nostro peccato, la nostra caduta, non sia l’ultima parola, bensì lo sia il perdono e da esso nasca la capacità di conversione e, come si è visto nel caso di Pietro, di sostenere altri nel loro cammino di fede. Un secondo insegnamento: la preghiera è decisiva nei momenti di tentazione quando è difficile accogliere la volontà del Padre per ciascuno di noi, una volontà di cui talvolta facciamo fatica a cogliere il significato di amore, che pure c’è e che solo la fede, sostenuta dalla preghiera, può almeno intuire. Ma in quei momenti – ed è un terzo insegnamento – ci possiamo affidare con ancora più fiducia a Gesù, come ha fatto il buon ladrone, sapendo che prega per noi e che ci vuole per sempre con sé. Lui, il Crocifisso, è la nostra vera speranza.
Concludo augurandovi una buona settimana santa: che sia una vera scuola di preghiera per ciascuno di noi.