Messaggio di Natale dell’Arcivescovo Carlo Roberto Maria Redaelli
Il messaggio di Natale di quest’anno non può che far riferimento al tema della pace.
Ci conduce a questo argomento il contesto mondiale che stiamo vivendo connotato da guerre, terrorismo, conflitti tra i popoli.
Ricordiamo in particolare nella nostra Europa la guerra tra Russia e Ucraina e, nella terra dove Gesù è nato, gli atti di terrorismo di Hamas e ora la guerra di Israele nella Striscia di Gaza.
Siamo però invitati a riflettere sulla pace anche per il fatto che la 56° Marcia della pace, promossa da Caritas italiana, da Pax Christi, dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la pace e la giustizia, l’Azione Cattolica e il Movimento dei Focolari, con l’appoggio di altre organizzazioni cattoliche e civili, si svolgerà alla fine di quest’anno nella nostra città. La marcia partirà dal sacrario di Oslavia, che contiene più di 57.000 caduti della prima guerra mondiale; attraversato l’Isonzo che ha visto migliaia di morti sulle sue sponde in quella guerra, passerà davanti alla sinagoga a 80 anni dalla deportazione definitiva della comunità ebraica goriziana, si fermerà anche presso l’oratorio salesiano che ospita i rifugiati minorenni e, dopo aver riflettuto sul tema che papa Francesco propone per la giornata del 1° gennaio: Intelligenza artificiale e pace”, oltrepassata piazza Transalpina, si concluderà nella concattedrale di Nova Gorica.
Prima ancora che la marcia, è la stessa celebrazione del Natale ciò che ci porta a parlare di pace, accogliendo il messaggio degli angeli che cantano a Betlemme: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama” (Luca 2,14).
La gloria di Dio e la pace degli uomini non sono realtà diverse e solo accostate. Sant’Ireneo di Lione, uno dei primi padri della Chiesa, afferma infatti: “La gloria di Dio è l’uomo vivente”. Se l’uomo muore, se viene ucciso, se uccide la sua anima con l’odio e la guerra, come fa a esserci la gloria di Dio?
Dobbiamo pregare in questo Natale con ancora più intensità per chiedere il dono della pace. Dio, con la creatività del suo Spirito che agisce misteriosamente nei cuori di ciascuno anche con modalità impensate, saprà indicare le strade per bloccare le guerre e trovare le soluzioni anche in situazioni intricate e, in apparenza, senza uscita. Dobbiamo esserne certi e nel frattempo lasciare spazio alla sua pace nel nostro cuore.
Si può fare molto per la pace, soprattutto quando – e per grazia di Dio è la nostra attuale situazione – non si è in guerra. In guerra si può fare poco per la pace, se non cercare al più presto un cessate il fuoco.
Prima della guerra e per scongiurare la guerra ci sono molte possibilità di agire. Indico solo alcuni atteggiamenti e alcune azioni a titolo di esempio.
Cercare anzitutto la giustizia, promuovere il rispetto dei diritti di tutti anche dei più deboli, lavorare a favore del bene comune, accogliere le persone, evitare i pregiudizi, controllare le emozioni negative, essere attenti nell’uso distorto dei social, vivere una vera solidarietà verso i poveri, educare i ragazzi e i giovani al bene e al servizio degli altri, assumersi con coraggio le proprie responsabilità, fare bene il proprio lavoro, partecipare alla vita democratica.
Ma anche dopo la guerra si può fare molto e la nostra realtà, ferita da due guerre, sa come fare per sanare e non riaprire ferite, per avviare cammini autentici e pazienti di riconciliazione, per comprendere le ragioni e anche le memorie dell’altro, per trasformare un confine in un ponte, per lavorare insieme di qua e di là del vecchio confine.
Il lavoro per la pace non può avere interruzione, perché, purtroppo, chi lavora per la guerra non si stanca mai.
Per la guerra non mancano soldi, si impiegano le migliori intelligenze (ora anche quella artificiale, come ricorda papa Francesco), si usa grande creatività, si fa un ampio e raffinato uso della propaganda. Per la pace le risorse sono sempre poche, a volte sembra ci sia solo la preghiera (intesa come l’ultima risorsa, sottintendendo che è anche inutile…), ma non ci si deve arrendere.
Il Bambino che nasce a Betlemme è la gloria di Dio, anzi è Dio stesso che scende sulla terra, per abbattere i muri che ci dividono, per riconciliarci tra noi e con Dio, per renderci tutti fratelli e quindi autentico riflesso della gloria di Dio.
Nel suo nome, anche quest’anno, anzi ancora di più quest’anno, lavoriamo per la pace: un dono da parte di Dio, certo, ma anche un compito affidato a noi, alla nostra responsabilità, al nostro impegno pieno di speranza.
Foto: Ilaria Tassini