Due città capaci di camminare insieme

Articolo: Ivan Bianchi – Voce Isontina
Foto: Fabio Bergamasco

Quando è arrivato da Venezia il treno diretto a Nova Gorica, fermandosi a Gorizia, l’emozione è stata tanta. Quando le campane delle due città hanno suonato all’unisono per annunciare l’avvio dell’anno dedicato alla Capitale Europea della Cultura, l’emozione è stata forte.
Quando i due presidenti, Mattarella e Pirc Musar, sono usciti assieme dalla stazione Transalpina, raggiungendo assieme il palco e chiamandosi assieme “amici”, l’emozione è stata eccelsa.
L’8 febbraio, per chi ci ha sempre creduto o per chi, semplicemente, ha voluto passare una giornata all’esterno godendosi la festa, è stato coronato come un giorno storico per entrambe le città. Le Gorizie, le possiamo definire così, hanno camminato assieme e si sono date, nuovamente, la mano. Lo avevano fatto, silenziosamente, nel 1964 quando la prima linea telefonica aveva consentito a Gallarotti e Strukelj di parlarsi senza passare rispettivamente per Venezia e Ljubljana; lo avevano rifatto pochi mesi dopo con le giunte riunitesi assieme anche se senza clamore mediatico; lo avevano fatto qualche anno dopo con le Marcie dell’Amicizia; lo hanno fatto nel 2004 con la caduta del confine. L’8 febbraio, quella stretta di mano è diventata anche l’occasione per camminare assieme.
Le due stazioni ferroviarie si sono unite in una grande fiumana, la gente è tornata nelle strade e ha affollato il centro storico di Gorizia e il centro contemporaneo di Nova Gorica. Due anime che finalmente convivono assieme nella grande pazienza dell’Europa unita che tale fatica a essere e riconoscersi. Ma che in Trg Evrope/Piazza Transalpina ha trovato la propria ragione d’essere, sotto lo sguardo benigno di Sveta Gora/Monte Santo/Monsanto e la scritta Tito su quel Sabotino sfregiato dal Novecento. Sfregiato eppure ancora lì a guardare giù a quelle due città che tanto hanno vissuto di schiena l’una verso l’altra e che ora timidamente si girano.
Il corteo, colorato e gioioso e musicante, danzante e vibrante di vita, di gioventù e di anziani, ha ascoltato con poca pazienza ma tanta attenzione il monito dei due sindaci, Rodolfo Ziberna e Samo Turel: “Le divisioni stiano a casa”. Ma le campane, alle 11.15, con quel suono che travalica i confini, avevano un altro messaggio, ancora più potente: “Se tutto questo è casa mia, le divisioni spariscano per sempre”.
Un corteo colorato, si è detto, dalla stazione di Gorizia a quella di Nova Gorica fino a piazza Bevk, nel cuore pulsante di Nova Gorica. Quindi i discorsi dei presidenti e dei ministri della cultura, dei commissari europei e degli organizzatori. “Prijatelj”, “amico”: ma potremmo aggiungere anche “Amì”, “Freund”, perché le Gorizie sono anche questo.
Un corteo che ha portato la Sfera di Michelangelo Pistoletto tra le strade: su quella sfera, a ragione, tante testate (quotidiani e periodici) che hanno raccontato il confine, chi, come noi, con la convinzione fin da subito che esso andasse demolito e chi quella consapevolezza l’ha maturata più tardi. Assieme, skupaj, verso quell’idea di convivenza che mancava, me lo si lasci dire, almeno dal 1918.
Tante le voci della giornata. “Finalmente ci fondiamo in un’unica cultura – così Elisabetta Ferluga – alla fine siamo tutti un po’ sloveni, un po’ italiani e un po’ europei. Non c’è più quella distinzione su cosa si sia, uno o l’altro, siamo entrambi, siamo tutti insieme, ci mescoliamo e ci uniamo”. Lili Sturm si aspetta molta cultura di qualità da questo Go! 2025: “È appena iniziato, sembra buono. Un festival popolare, veramente senza confini. Spero rimanga così anche in futuro”. A Nova Gorica, un ragazzo che si è mantenuto anonimo dice: “Bellissimo, mi piace veramente tanto. Me veseli, da se nekaj dogaja, da je polno ljudi (Sono felice che stia accadendo qualcosa, che sia pieno di gente, NdR). Mi auguro che questo progetto porti un sacco di eventi, soprattutto culturali. Sono felice che non si parli solo di economia ed industria”.
E ancora, Ajda Miška: “Auspico a molti buoni eventi e a qualcosa che rimanga anche in futuro, non solo per un anno, affinché si creino alcuni eventi e associazioni che possano continuare anche negli anni a venire. Upam, da bo to sodelovanje še dolgo trajalo. (Spero che questa cooperazione possa continuare, NdR)”.
Nataša Pirc Musar, Presidente della Repubblica Slovena, chiama più volte l’omologo Sergio Mattarella “amico”: la voce è sincera così come le parole che pronuncia. “È commovente che proprio nel giorno di Prešeren, nella Piazza dell’Europa, dove più di venti anni fa siamo diventati parte della famiglia europea, stiamo inaugurando insieme ai nostri vicini, amici dall’Italia, la Capitale Europea della Cultura, che per la prima volta nella sua storia collega due città, due paesi, due popoli. Nova Gorica e Gorizia sono città gemelle, sono la capitale europea della cultura nel 2025”. “Celebriamo ottanta anni di un cammino che ci riporta al giorno in cui, in Slovenia, celebriamo questi valori di pace, e riflettiamo sugli insegnamenti delle due guerre mondiali, che ci hanno fatto promettere che non ci sarebbero più stati conflitti e violazioni della dignità dei popoli. Su queste basi oggi si erge l’Unione Europea, la nostra casa comune. Su questa promessa e impegno per la pace, la libertà, i buoni rapporti di vicinato e il reciproco rispetto, un impegno che non dobbiamo mai, mai dimenticare”, così Pirc Musar.
La Presidente lancia una frase che potrebbe benissimo essere ripresa come motto dell’intera manifestazione: “Naprej, Evropa brez meja! Avanti, Europa senza confini”. Sarà, allora, stato felice il buon France nel veder realizzato l’auspicio scritto in “Zdravlijca”, poi divenuto l’inno sloveno: Živé naj vsi naródi, ki hrepené dočakat dan, ko, koder sonce hodi, prepir iz svéta bo pregnan, ko rojak prost bo vsak, ne vrag, le sosed bo mejak!”; “Vivano tutti i popoli che anelano al giorno in cui la discordia verrà sradicata dal mondo ed in cui ogni nostro connazionale sarà libero, ed in cui il vicino non sarà un diavolo, ma un amico!”.