“Non dimenticatevi di pregare per me”

Nella serata di martedì 22 aprile 2025 l’arcivescovo Carlo ha presieduto in Cattedrale a Gorizia una veglia di preghiera in ricordo di papa Francesco, tornato alla Casa del Padre nelle prime ore di lunedì 21 aprile 2025. Le parole di mons. Redaelli.

“Non dimenticatevi di pregare per me”. Immancabilmente papa Francesco concludeva con questo invito a pregare per lui ogni suo intervento. Una frase che per lui non era di circostanza, ma una richiesta profondamente vera e sentita. Papa Francesco credeva nella preghiera e la percepiva come un elemento essenziale per il suo ministero. Per tale motivo insisteva perché ci si ricordasse di lui davanti al Signore, oltre a quanto già la liturgia prevede nel citare il nome del papa in ogni preghiera eucaristica.
Non so se nella mente di papa Francesco ci fosse anche il ricordo della preghiera fatta da Gesù stesso per il primo papa, l’apostolo Pietro. Ne parla l’evangelista Luca, raccontando i fatti dell’ultima cena. Gesù, preannunciando a Pietro il suo rinnegamento, aggiunge: “io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32). Pietro e, dopo di lui, colui che è chiamato a essere papa ha il compito di “confermare nella fede” i suoi fratelli, cioè tutti i credenti in Cristo, diventando garanzia di fedeltà al messaggio del Vangelo. Ha anche l’incarico – lo ricorda fin dai primi tempi del cristianesimo sant’Ignazio di Antiochia riferendosi alla Chiesa di Roma – di “presiedere nella carità”. Potremmo anche aggiungere, collegandoci al tema del Giubileo che stiamo vivendo e che non viene interrotto dalla morte del papa, che il successore di Pietro ha inoltre l’impegno di indicare i motivi di speranza per il cammino della Chiesa e del mondo nella storia.
Un altro passo del Nuovo Testamento ricorda la preghiera della comunità cristiana per Pietro. Si tratta del cap. 12 degli Atti degli Apostoli. Pietro è in prigione, fatto catturare da Erode che ha appena fatto uccidere Giacomo, fratello di Giovanni. Nella notte attende l’indomani di essere condotto da Erode per essere interrogato davanti al popolo, ma non è solo, la Chiesa intera prega per l’apostolo: “Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui” (Atti 12, 5).
Come ci attestano questi passi del Nuovo Testamento, il ministero del papa ha particolarmente bisogno di essere sostenuto dalla preghiera dei fedeli, soprattutto nei passaggi più difficili e nei momenti di prova. Sono certo che tutta la Chiesa abbia pregato con ancora più intensità per papa Francesco in queste settimane di malattia e che ora continui a pregare per lui, nella tristezza per la sua morte, ma anche nella gioia per la certezza che l’annuncio di Pasqua apre alla risurrezione. Anche noi ci inseriamo questa sera in questo immenso coro di preghiere per il nostro fratello e papa Francesco.
Sono convinto, però, che possa essere molto apprezzato da papa Francesco, che ora vive nel Signore e non smette di essere in comunione con noi, se la nostra preghiera di stasera si allarga ad abbracciare anche alcuni temi che sono stati (e sono) particolarmente presenti nel cuore del papa e che sono stati oggetto del suo magistero: la povertà, la pace, la migrazione, l’evangelizzazione, la custodia del creato, l’amore umano, la fraternità universale, la sinodalità.
Non preghiamo, però, per i temi, ma per le persone, non per la povertà ma per i poveri, non per la pace ma per coloro che soffrono per la guerra, non per la migrazione ma per coloro che abbandonano la loro terra e così via. Vorrei, pertanto, che queste persone fossero stasera la centro della nostra preghiera, sentendo che papa Francesco prega insieme a noi.
Preghiamo anzitutto per i poveri. Sappiamo quanto siano stati al centro dei pensieri, delle parole e anche delle azioni di papa Francesco con l’intento non solo di offrire loro un aiuto materiale, ma di riconoscere la loro dignità di figli di Dio. Vorrei citare, tra le tante parole e gesti del papa, un’indicazione che mi ha colpito in un testo di papa Francesco che fa avuto poca risonanza pubblica, una lettera dello scorso novembre sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa. In essa, il papa elenca alcune osservazioni per questa materia e scrive verso la fine: “Una penultima osservazione, che mi sta molto a cuore, riguarda la cancellazione delle tracce di coloro che non hanno potuto far sentire la loro voce nel corso dei secoli, fatto che rende difficile una ricostruzione storica fedele. E qui mi chiedo: non è forse un cantiere di ricerca privilegiato, per lo storico della Chiesa, quello di riportare alla luce quanto più possibile il volto popolare degli ultimi e quello di ricostruire la storia delle loro sconfitte e delle sopraffazioni subite, ma anche delle loro ricchezze umane e spirituali, offrendo strumenti per comprendere i fenomeni di marginalità e di esclusione di oggi?”.
Una proposta molto importante: fare storia anche per chi non ha lasciato documenti, non ha partecipato a grandi eventi, non è uscito dall’anonimato, eppure è stato ed è portatore di “ricchezze umani e spirituali”.
Preghiamo poi in unione con il papa per coloro che subiscono la guerra, ma anche per coloro che possono avere una responsabilità verso la pace. Tutti ricordiamo le parole di papa Francesco a Redipuglia nell’anniversario dell’inizio della prima guerra mondiale nel 2014, il suo parlare già allora, suscitando qualche meraviglia, di una “terza guerra mondiale combattuta a pezzi”. Parole purtroppo profetiche, che hanno indicato anche la causa della guerra, di ogni guerra: “Sopra l’ingresso di questo cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: “A me che importa?”. Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l’umanità ha detto: “A me che importa?”. Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni…”.
Preghiamo per i migranti. Papa Francesco a Lampedusa nel 2013, dopo un’immane tragedia in mare che purtroppo si è ripetuta molte volte in questi anni, diceva: “”Dov’è il tuo fratello?”, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi.
Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte.
Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio!”.
Preghiamo per l’evangelizzazione, per chi si dedica all’annuncio e alla testimonianza del Vangelo e per chi attende, spesso inconsapevolmente, questa parola di salvezza, questa gioia profonda: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”, così papa Francesco scriveva nel suo primo importante documento. Stiamo vivendo e stiamo trasmettendo questa gioia?
Preghiamo per la custodia del creato, di quella casa comune che Dio ha affidato alle nostre mani, per chi purtroppo la rovina con grande irresponsabilità e per chi ne paga le conseguenze: “Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” ha scritto papa Francesco nella Laudato si’ (n. 49).
Preghiamo per chi vuole vivere la pienezza dell’amore umano, ma spesso è ferito negli affetti e nell’ambito familiare. “La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa” inizia così l’esortazione apostolica Amoris laetitia, che poi ricorda i fallimenti e la necessità della misericordia: “Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione – scriveva papa Francesco in quel documento -. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, “non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada”. Pastori che propongono ai fedeli l’ideale pieno del Vangelo e la dottrina della Chiesa devono aiutarli anche ad assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti. Il Vangelo stesso ci richiede di non giudicare e di non condannare (cfr Mt 7,1; Lc 6,37)” (n. 308).
Preghiamo per chi crede e anche per chi non crede nella fraternità universale con un passo della preghiera contenuta al termine dell’enciclica “Fratelli tutti”: “Signore e Padre dell’umanità, che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità, infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno. Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia e di pace. Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno, senza fame, senza povertà, senza violenza, senza guerre”.
Infine preghiamo per la sinodalità, affinché i credenti nei loro diversi incarichi e ministeri e con le loro diverse responsabilità si sentano chiamati a camminare insieme sulle vie indicate dallo Spirito Santo. “Cari fratelli e sorelle, buon cammino insieme! Che possiamo essere pellegrini innamorati del Vangelo, aperti alle sorprese dello Spirito Santo. Non perdiamo le occasioni di grazia dell’incontro, dell’ascolto reciproco, del discernimento. Con la gioia di sapere che, mentre cerchiamo il Signore, è Lui per primo a venirci incontro con il suo amore”, così papa Francesco concludeva l’omelia il 10 ottobre 2021 aprendo il sinodo sulla sinodalità.
Ci sarebbero altri temi e, soprattutto, dietro ai temi altre persone, uomini e donne, che sono stati nel cuore di papa Francesco e sono stati oggetto delle sue preghiere. Mi sono limitato a ricordare i principali, ma dentro una nostra preghiera e quella che continua di papa Francesco. Ricordo di aver ascoltato molti anni fa in un’omelia del card. Martini un pensiero che mi aveva molto colpito. L’allora arcivescovo di Milano diceva pressappoco così: la morte non cancella ciò che abbiamo vissuto e ciò che ci è stato a cuore e chi muore non esce dalla comunione con la Chiesa, solo, stando ormai presso il Signore, ciò che è stato oggetto del suo amore viene ancora di più potenziato dall’amore del Cristo risorto. Siamo certi che ora papa Francesco continua a pregare per noi e con noi e che tutto ciò per cui ha speso la sua vita è ancora di più oggetto del suo amore, nel suo cuore purificato dall’incontro con il Signore e sostenuto dalla vicinanza di Maria, cui in tutta la vita e in morte si è affidato.

+ Carlo Roberto Maria Redaelli